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ITE “Vitale Giordano” - Bitonto
D.S. prof. Arcangelo Fornelli
Progetto “BibliotecAscuola”
presso la
Biblioteca Comunale “Eustachio Rogadeo” - Bitonto
in convenzione con l’Istituto “Luigi Sturzo” di Roma
Classe IB AFM
a.s. 2015/2016
Il progetto “BibliotecAscuola”, promosso dall’Istituto “Luigi
Sturzo” di Roma all’interno delle attività del SAC Nord Barese, ha
come obiettivo quello di avvicinare i ragazzi in età scolare alla
Biblioteca, intesa come centro non solo di conservazione libraria e di
studio, ma anche come luogo di aggregazione sociale, confronto,
scambio e crescita culturale.
Gli argomenti trattati sono stati scelti come approfondimento alle
U.D.A. programmate dalla docente di lettere per l’a.s. 2015/2016.
Il progetto ha visto il pieno coinvolgimento della classe IB AFM
dell’ ITE “ V. Giordano” di Bitonto in una serie di attività legate alla
conoscenza del territorio bitontino, all’approfondimento di tematiche
storico-letterarie e alla produzione di elaborati personali e
originali legati a un percorso di scrittura creativa.
Il tutto è stato reso possibile grazie al
progetto SAC Nord Barese, finanziato dalla
Regione Puglia nell’ambito del Programma
Sistemi Ambientali e Culturali, una
modalità di gestione integrata del patrimonio
ambientale e culturale. Si tratta di
un’iniziativa mirata a trasformare il sistema
culturale e ambientale del territorio in un
volano di sviluppo locale. Un’attenzione
particolare nel progetto è riservata
all’integrazione dei diversi beni culturali, alla
massima fruizione dei patrimoni, alla
valorizzazione turistica e all’occupazione
giovanile. Grazie al potenziamento dei
primitivi ambienti della Biblioteca
Comunale, il Salone affrescato, nel quale si
sono tenuti gli incontri programmati, è stato
trasformato da sala deposito in aula
polifunzionale e centro di presentazioni,
conferenze e dibattiti.
Facciamo un po’ di storia…
La Biblioteca Comunale “Eustachio Rogadeo” si trova su via Giandonato Rogadeo
(già via Mercanti), parte integrante del duecentesco palazzo della famiglia,
proveniente da Ravello. Addossata al palazzo c’è l’antica chiesetta famigliare (1204),
intitolata a sant’Anna e sede, dal 1551, del Sedile dei nobili della città. L’ingresso
principale della cappella, che dà su via Mercanti, si trova all’interno di un arco che
riporta gli stemmi delle 18 famiglie nobili che governavano Bitonto alla metà del XVII
secolo.
La Biblioteca, che conserva ancora alcune stanze con gli affreschi e gli arredi originali,
fu donata al Comune di Bitonto nel 1966 dall’ultimo discendente del casato, il conte
Franco VIII (1892 - 1985). Fu intitolata a Eustachio III Rogadeo (1855 - 1920),
illustre paleografo e studioso di storia locale.
alcuni arredi originali della Sala Rogadeo
(studio e divise da parata del conte Franco Rogadeo)
La Biblioteca conserva materiale raro e prezioso, tra cui l’Evangelario miniato
dell’XI secolo, pergamene e manoscritti antichi, incunaboli e cinquecentine.
Tra i reperti conservati in loco, ci siamo soffermati su un’antica moneta peuceta (IV-
III sec. a. C.) raffigurante su una faccia il volto di profilo della dea Atena, sull’altra una
spiga di grano; la moneta è oltremodo interessante perché riporta in greco antico la
scritta BUTONTINWN (traducibile in “gente di Botone”), in riferimento al leggendario
fondatore della città.
Perché proprio Atena a Bitonto? Basta guardarci attorno: la città è letteralmente
sommersa fra gli ulivi, sin dall’antichità considerati alberi sacri alla dea, che li
avrebbe creati in occasione di una mitica contesa che l’avrebbe opposta al dio Posidone
per il dominio dell’Attica. Molto rappresentata da pittori e scultori con i suoi attributi
tipici (come l’elmo, la lancia e lo scudo, l’egida, la Nike e la testa della gorgone), era
dea molto venerata perché protettrice delle arti e dispensatrice di saggezza.
Il suo animale totem è la civetta, di cui ha assimilato alcune caratteristiche, in
particolare gli occhi e la vista. La civetta compare spesso nelle antiche raffigurazioni
della divinità (a volte è la stessa divinità che appare con gli elementi caratteristici
dell’animale, come gli occhi, le ali e gli artigli). Atena era definita «glaucopide»
(traducibile come «dallo sguardo scintillante»), un termine che ha la stessa radice del
termine greco usato per indicare la civetta.
A Bitonto è attestato sin dall’antichità un culto molto forte per Atena: nell’antica zona
acropolare della città, esattamente dove ora sorge la chiesa di san Pietro in Vincoli,
c’era un tempio dedicato alla dea, di cui abbiamo testimonianza in alcuni reperti
rinvenuti in loco: in particolare, una lastra votiva in cui è menzionata la stessa dea:
MINERVAE
SACRUM
C. MARIUS
C NOINU(S)
(V) S.
Secondo la tradizione, san Pietro, nel suo viaggio per
Roma, sarebbe giunto anche a Bitonto (intorno alla
metà del I secolo d. C.) e avrebbe sradicato il culto
pagano locale, nominando Apollinare primo vescovo
della città e ponendo le basi per la costruzione della
chiesetta in luogo del tempio della dea. Secondo
un’altra leggenda, le colonne del tempio furono
riutilizzate nella cripta della Cattedrale cittadina.
A ben guardare, Atena è ancora presente in città: i tanti volti grotteschi scolpiti su case
e palazzi, dalla chiara funzione apotropaica, rimandano direttamente al capo mozzato
di Medusa, che aveva la capacità di pietrificare i nemici della dea e che, in tempi
moderni, serve a scacciare malelingue e altri influssi negativi.
La bellissima Medusa aveva osato paragonare il suo aspetto a quello di Atena, che
l’aveva punita trasformandola in un mostro anguicrinito e dallo sguardo mortifero; fu
uccisa dall’eroe greco Perseo, utilizzando il sua scudo come specchio per non guardare
direttamente il mostro negli occhi. Fu la stessa Atena a suggerirgli il trucco. L’eroe donò
poi il macabro trofeo alla dea, che lo appose sul suo scudo per terrorizzare i suoi
nemici.
Alcune curiosità…
Vi ricordate la moneta da 100 lire? Su una delle sue facce era proprio raffigurata la dea
Atena/Minerva, vestita di peplo e coperta dal caratteristico elmo, con la mano destra
poggiata su un alberello di ulivo. Pensate poi a due grandi marchi, la Nike e Versace: il
primo rimanda direttamente alla dea Nike, che accompagnava Atena nelle sue imprese,
favorendone la vittoria; il secondo ha come logo proprio la testa di Medusa, di cui
abbiamo parlato.
La lettura del V canto dell’Odissea, che celebra l’incontro tra Odisseo e Nausicaa
(voluto proprio da Atena), ci ha offerto lo spunto per sviluppare una nostra storia
originale, sfruttando i dettami della scrittura creativa. In particolare, abbiamo
immaginato di essere anche noi naufraghi, sbarcati in una Bitonto antica: sulla base di
alcuni termini forniti in aula (supplico, bellezza, tempeste, pietà, accordo, folle,
popolo), abbiamo prodotto diversi racconti di stampo mitologico.
“Vi supplico, o mia signora di infinita bellezza,
di avere pietà di me e del mio popolo
che, nonostante le varie peripezie affrontate
durante folli tempeste, è giunto sulle sponde del fiume Tiflis.
Confidiamo nella vostra generosità
nel volerci ospitare in questa splendida e solare terra degli
ulivi.
Siamo certi che il nostro popolo vi sarà riconoscente”
Cifarelli Arianna
Giampalmo Angelica
Traetta Gigi
Carelli Luigi
Ricci Gianluca
Spadafino Gaetano
“Bellissima creatura,
sono naufragato in un paese a me sconosciuto e ho trovato
voi, gentilissima e divina, di una meravigliosa bellezza. Vi
supplico, abbiate pietà di me accoglietemi nella vostra patria
affinché io possa conoscere di quale natura sia il vostro
popolo.
Accompagnatemi alle rive del fiume Tiflis in modo che io
possa purificarmi nelle sue limpide acque e donatemi un
ramoscello d’ulivo in modo che io possa ricordare in futuro la
vostra clemenza e la vostra benevolenza.”
Garofalo Claudio
Souii Omar
Caputo Onofrio
Iuliano Raffaele
Dea Atena, la vostra bellezza è fresca come una palma.
Il vostro coraggio e la vostra intelligenza mi incantano. Vi
supplico di avere pietà di me, di questo naufrago che ha
bisogno di aiuto dopo tutte le estenuanti tempeste vissute in
questi anni, che mi hanno portato sulle sponde del fiume Tiflis.
Con queste mie folli parole vi supplico di annunciare al vostro
popolo di un accordo tra la vostra maestà e questo povero
uomo e di volermi ospitare nella vostra amata città di Bitonto.
Garofalo Valentina
De Santis Debora
Mundo Angela
Allegretti Domenico
Vacca Davide
“O bella dea Atena,
con questa umile preghiera
ti supplico di donarmi la tua infinita pietà.
Ti chiedo di stringere un accordo fra il popolo bitontino
e la tua nobile discendenza ,
tanto che sia paragonabile
all’incredibile potenza
sprigionata da una folle tempesta.”
Chiapperini Lorenzo
Somma Michele
Tutino Cristian
Villani Antonio
Mongiello Alessandro
Il nostro percorso è proseguito con un seminario di approfondimento su due generi
letterari molto conosciuti, soprattutto da bambini e ragazzi: la favola e la fiaba.
Sinonimi solo nel nome (che deriva dal verbo latino «far, faris» = «dire», «raccontare»),
si differenziano per diversi aspetti.
La favola è un componimento breve e dalla morale ben evidenziata, i cui protagonisti
sono animali dal comportamento umano. Uno dei più grandi autori del genere fu il
greco Esopo (VI sec. a. C.), le cui fiabe sono diventate talmente famose che le
ritroviamo in alcuni detti moderni, come «Al lupo! Al lupo!», «fare come la cicala con
la formica» e «la volpe che non arriva all’uva dice che è acerba».
Più lunga e articolata, la fiaba si distingue essenzialmente per il ricorso a personaggi
fantastici (fate, orchi, gnomi, etc.), per una morale sottintesa e, soprattutto, per il ricorso
all’elemento magico, totalmente assente nella favola. Si tratta di un racconto che nasce
dal popolo, non prettamente per bambini: erano infatti soprattutto gli adulti a raccontarsi
queste storie per vincere la fatica del lavoro e procurarsi occasioni di svago; in
particolare, le donne (costrette a rimanere in casa e a curare l’educazione dei figli)
diedero vita a numerosi racconti che le videro protagoniste indiscusse.
Il mondo delle fiabe è senza spazio né tempo (pensate ai «C’era una volta» di apertura,
che non indicano un contesto storico preciso; oppure alle formule come «in un paese
molto lontano», in cui manca qualsiasi riferimento geografico), pieno di personaggi
inverosimili, che spesso nascono poveri e derelitti per poi diventare, nella classica
apoteosi finale, re o principesse. Per questo motivo «romantico», diverse fiabe sono
ambientate in età medievale, epoca in cui dominava la monarchia.
Il mondo delle fiabe è nettamente diviso in due e la ragione non sta mai al centro
(abbiamo parlato infatti di «manicheismo morale»); i motivi sono spesso ricorrenti,
così da allungare la storia, renderla più chiara, prolungare la sensazione di mistero e
facilitarne il processo di memorizzazione. Il linguaggio è quello del popolo, molto
semplice e a volte un po' sgrammaticato, ma ricco di modi di dire e di formule popolari.
Abbiamo preso in esame un autore
romano di epoca classica, Lucio
Apuleio (125 - 170 circa),
scrittore, sacerdote, filosofo e
mago di scuola platonica, noto per
il romanzo «Le metamorfosi (o
Asino d'oro)»: si tratta dell’unico
romanzo in lingua latina risalente
all'epoca romana pervenutoci
integralmente. L’opera è diviso in
11 libri.
Ci siamo soffermati, nella fattispecie, sulla favola di Amore e Psiche, in cui una
fanciulla di straordinaria bellezza suscita l'invidia di Venere, che manda suo figlio
Cupido affinché la faccia innamorare dell'uomo più brutto della terra; ma il giovane,
vedendola, se ne innamora e la porta con sé in un castello. Psiche non resiste al divieto
che le vieta di conoscere la vera identità dell’amato e, istigata dalle sorelle invidiose,
spia Amore mentre dorme: il giovane dio, svegliato da una goccia di cera della candela
che Psiche teneva in mano, fugge per non far più ritorno. Psiche affronterà numerose e
pericolose avventure prima di ritrovare Amore e di diventare, infine, la sua sposa.
La favola ha un significato allegorico: Cupido, dio dell'amore e del desiderio, unendosi
a Psiche (che in greco significa «anima») le dona l'immortalità. Tuttavia questa, per
giungervi, dovrà affrontare quattro durissime prove, tra cui quella di scendere agli Inferi
per purificarsi. La storia ha un significato mistico: le prove che la donna dovrà
affrontare sono simbolo delle iniziazioni religiose al culto di Iside, di cui Apuleio era
sacerdote.
Sulla scorta delle informazioni ricevute, abbiamo sviluppato un
racconto in cui sono confluiti in «crossover» personaggi di
storie diverse, legate alla favola di Amore e Psiche e a quella del
lupo e dell’agnello, con innesti ricavati dall’Odissea (il ciclope
Polifemo e la dea Atena). Dopo aver abbozzato un canovaccio,
decidendo ambientazione, collocazione temporale, personaggi
principali, intreccio e morale, abbiamo strutturato una nostra
personalissima fiaba, liberi di scegliere se dotarla di un lieto fine
oppure di un finale tragico. Questi i prodotti del laboratorio:
“C’era una volta un Ciclope che era innamorato di Psiche e un giorno
decise di incontrala e parlarle dei sentimenti che provava per lei. Dopo
qualche giorno, ingenuamente Psiche decide di rivederlo, portando con sé
un agnello che rappresentava per lei una difesa. Psiche, così, arrivò alla
grotta del Ciclope e si avvicinò a lui per parlargli; il Ciclope, che in
precedenza aveva preparato una trappola, si avvicinò a Psiche e lasciò
cadere dall’alto una gabbia da cui lei non poteva più liberarsi.
Nel frattempo dalla grotta si udirono le urla di Psiche che tentava invano
di liberarsi. Così amore, sentendo le urla, con l’aiuto del lupo si
incamminò su un percorso che conduceva alla grotta. Una volta lì, vide
Psiche intrappolata nella gabbia e per salvarla mandò il lupo a distrarre
il Ciclope; così Amore si diresse verso la gabbia, liberò Psiche e insieme
fuggirono felici e contenti”.
Garofalo Claudio
De Santis Debora
Giampalmo Angelica
Mundo Angela
Vacca Davide
Mongiello Alessandro
“C’era una volta, in una casa in campagna, una ragazza di nome Psiche.
Un giorno, mentre portava il suo agnello a bere l’acqua al fiume, si
accorse che più lontano c’era un ciclope di nome Polifemo con il suo lupo.
Psiche fece finta di non vederli ma poi si accorse che il lupo stava
guardando l’agnello in modo aggressivo e in quel momento capì che il
lupo era addestrato ad aggredire gli animali più piccoli. Psiche amava il
suo agnello e quindi chiede al ciclope di allontanare il lupo; invece
Polifemo, essendo un mostro senza pietà, ordinò al lupo di attaccare
l’agnello e quello subito obbedì.
Poi Polifemo rapì Psiche e la portò nella sua grotta, dove rimase
imprigionata per sempre. La morale di questa favola è che il più forte
vince sul più debole”.Somma Michele
Allegretti Domenico
Caputo Onofrio
Souii Omar
Villani Antonio
“C’era una volta nell’antica città di Bitonto il Dio dell’amore Cupido, che
si era perdutamente innamorato, e ricambiato, di Psiche. Un giorno
Cupido tornò a casa e non trovò Psiche: disperato, si mise alla sua ricerca.
Durante il cammino, un lupo mandato da Polifemo stava per colpirlo alle
spalle ma interviene un piccolo agnello che, grazie ai suoi poteri, lo
trasformò in una piccola pianta e se la mangiò. Dopo aver vinto contro il
lupo, con astuzia Cupido e l’agnello si diressero verso Polifemo nel
tentativo di recuperare Psiche. Arrivato nella grotta dove Polifemo teneva
prigioniera Psiche, Cupido escogitò un piano: lui distrasse Polifemo e
l’agnello portò Psiche al sicuro; così Cupido combatté contro Polifemo e,
dopo tanta fatica, riuscì a sconfiggerlo. Così Psiche e Cupido vissero felici
e contenti”.
Garofalo Valentina
Cifarelli Arianna
Traetta Gigi
Carelli Luigi
Spadafino Gaetano
Tutino Cristian
Infine abbiamo affrontato un genere letterario molto in voga nei secoli, sin
dall’antichità: la novella. Si tratta di una narrazione in prosa breve e semplice, più
breve di un racconto, nella quale c'è un'unica vicenda semplice e in sé conclusa, colta
nei suoi momenti essenziali, i cui personaggi si possono facilmente ritrovare nella vita
quotidiana. Essa nasce, non si sa con precisione dove e quando, nel contesto della
letteratura orale. Tracce di novella sono presenti nelle letterature dell'antico Egitto e
della Mesopotamia (Sumeri, Babilonesi). Celebre la raccolta di novella universalmente
conosciuta come “Le mille e una notte”.
Alla base della struttura che la novella assumerà, troviamo l'exemplum medievale, una
forma semplice di novella a metà strada tra la fiaba e la parabola, inglobato in altri
generi, come la vita dei Santi, perché era usato molto spesso dai predicatori con finalità
educative e morali, per ricondurre sulla giusta strada coloro che avevano commesso
qualche peccato: si veda, per esempio, l’episodio legato alla vita di san Nicola, relativo
alla carità fatta alle tre fanciulle povere, da cui si svilupperà l’iconografia delle tre sfere
e, successivamente, la figura di Babbo Natale.
La novellistica ha, nel Duecento italiano, un esempio nel Novellino, opera in prosa
composta da un autore di area toscana nella seconda metà del XIII secolo: comprende
aneddoti e brevi narrazioni che avevano valore di insegnamenti ed esortazioni, e
perciò erano tanto più efficaci quanto più brevi e calzanti.
Nel corso del Trecento, la novella si sviluppa in due generi distinti: il primo,
d’ispirazione morale e religiosa, vede l’esempio maggiore nei “Fioretti di San
Francesco”, una serie di racconti legati alla vita del santo, tra realtà e agiografia, scritti
da un anonimo frate francescano.
Il secondo genere è più legato al diletto del pubblico e sviluppa una serie di racconti
legati a vicende di carattere quotidiano, molto spesso carichi di contenuti tra il faceto
e il licenzioso: parliamo, in particolare, della più famosa raccolta di novelle del periodo,
composta e sviluppata dal grande Giovanni Boccaccio (1313 - 1375).
Il “Decameron” si compone di cento novelle che un gruppo di dieci giovani fiorentini
(tre uomini e sette donne) di nobili natali si raccontano per trascorrere in allegria le
giornate nelle campagne fiorentine: erano infatti fuggiti dalla città a causa dalla peste
nera che l’aveva colpita nel 1348. All’interno di questa cornice, sapientemente
sviluppata da Boccaccio per contestualizzare l’opera, ogni ragazzo racconta agli altri
una novella al giorno per dieci giorni (da cui l’etimologia del titolo dell’opera); i temi
sono decisi di volta in volta dal Re o dalla Regina della giornata, precedentemente
eletti. Solo Dioneo, per la sua giovane età, è esentato dal vincolo ma sarà sempre
l’ultimo a recitare.
Nel proemio all’opera, Boccaccio spiega di volere dedicare il Decamerone a tutti coloro
che soffrono le pene d’amore, così che possano trovarne svago e diletto: in particolare,
dedica la sua opera alle donne, in primis perché, costrette in casa a dedicarsi
all’educazione della prole, non avevano la possibilità di concedersi gli stessi svaghi
maschili; poi, perché avevano più tempo libero per dedicarsi alla lettura delle sue opere.
In definitiva, Boccaccio si rivolge alla classe borghese fiorentina, agiata e colta, di cui
lui stesso faceva parte. Nella conclusione, Boccaccio afferma che l’intento dell’opera è
quello di mostrare ai fiorentini che è possibile rialzarsi da qualunque disgrazia si venga
colpiti, seguendo l’esempio dei dieci giovani.
Il mondo del “Decamerone” è popolato da una serie di personaggi, dipinti con vivacità
e precisione, difficili quindi da dimenticare. Che siano belli o brutti, nobili o poveri,
astuti o sciocchi, tutti vivono in bilico tra due forze, una esterna e una interna: la
Fortuna e la Natura.
La Fortuna è una forza esterna,
piomba dall’alto e sconvolge in un
attimo ogni situazione, ma l’uomo può
rivolgerla a proprio favore utilizzando
l’astuzia; la Natura è invece una forza
interna a ogni uomo, è il richiamo dei
sensi, fortissimo e invincibile, che
tuttavia deve essere mediato dalla
ragione.
Abbiamo analizzato due novelle del “Decamerone”: la tragica e commovente
“Lisabetta da Messina”, e la divertente “Chichibio e la gru”; abbiamo inoltre
accennato a una novella, la decima della nona giornata, in cui Boccaccio fa esplicito
riferimento alla Fiera di San Leone, antichissima e famosa anche ai suoi tempi, che si
tiene a tutt’oggi il 6 aprile.
Partendo dall’analisi della citazione bitontina nella novella («compar Pietro con uno
asino, come usato era, attese a fare il suo mestiere antico, e con donno Gianni insieme
n’andò alla fiera di Bitonto»), abbiamo immaginato una vicenda ambientata nella
Bitonto dell’epoca, facendo riferimento alla suddetta fiera e sviluppandone contenuti
“Il giorno 6 aprile compare Pietro e Don Gianni si dirigono verso la fiera
di San Leone per comprare orzo, olio, vino. Arrivati alla fiera lasciano
l’asinello incustodito vicino a un albero d’ulivo e intanto vanno a fare i
loro acquisti, non trovando le spezie che desideravano e comprando
l’indispensabile. Intanto l’asinello ha bisogno di dissetarsi e, non avendo
la possibilità di allontanarsi dall’albero d’ulivo, beve da una vecchia
fontana trovata lì vicino; tuttavia l’acqua è sporca e piena di germi e dopo
un po’ di tempo l’asinello muore. Arrivati vicino all’albero dove avevano
lasciato l’animale, i due compari lo trovano morto e, non avendo più il
loro mezzo di trasporto, sono costretti a portare i loro acquisti in spalla
fino alla casa situata sul fiume Tiflis”.
Traetta Gigi
Mundo Angela
Somma Michele
Allegretti Domenico
Villani Antonio
“Pietro smise di lavorare e andò con Don Gianni e il loro asino alla
famosa fiera di Bitonto chiamata “fiera di San Leone”: questa era una
delle sei fiere più famose del Sud Italia e loro ogni anno, come di consueto,
ci andavano. Arrivati in città, un cavallo impazzito corse verso di loro ed
essi cercarono di difendersi con dei bastoni. Tutti risero e loro corsero
impauriti in mezzo alla fiera cercando qualcosa per calmare il cavallo;
vedendo un telo rosso pensarono di utilizzarlo sventolandolo davanti
all’animale, come se fosse un toro. Il cavallo scappò e tutti applaudirono
l’impresa”.
Giampalmo Angelica
Garofolo Valentina
Ricci Gianluca
Caputo Onofrio
Souii Omar
Spadafino Gaetano
“Pietro terminò il proprio mestiere e, insieme al suo ansino e a Don
Gianni si recò alla fiera di Bitonto. Arrivati lì i due cercarono un posto
dove lasciare l’asino, poi si trovarono nei pressi di una fontana dove
incontrarono una bellissima donna che si accingeva a riempire le casse
dell’acqua e aveva bisogno d’aiuto. Pietro si offrì di aiutarla e, appena lei
alzò lo sguardo, se ne innamorò a prima vista. Passati dei giorni Pietro
decise di confidare il suo amore alla donna, sperando che lei lo
ricambiasse… ma non fu così. La donna gli disse che il suo cuore
apparteneva a un’altra persona. Il giorno seguente, Don Gianni andò nella
stanza dove alloggiava Pietro e lo trovò a terra senza vita, con accanto a
lui una lettera in cui il giovane spiegava che la sua morte era dovuta alle
sue pene d’amore. Dopo qualche giorno, Don Gianni, ancora disperato,
ritornò al suo lavoro, sforzandosi di dimenticare la tragica fine del suo
amico”.
Cifarelli Arianna
Garofalo Claudio
Chiapperini Lorenzo
De Santis Debora
Vacca Davide
Gli alunni della IB AFM impegnata nelle attività di scrittura
creativa.
Gli alunni della IB AFM impegnati nelle attività di scrittura
Progetto “BibliotecAscuola”
Alunni coinvolti:
classe IB AFM – ITE “Vitale Giordano” Bitonto (BA)
Docenti coinvolti:
prof.ssa Lucrezia AVITTO
prof.ssa Rosangela MAGRO
Referente SAC Nord Barese e docente dei seminari:
dott. ric. Domenico SCHIRALDI

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BibliotecAscuola

  • 1. ITE “Vitale Giordano” - Bitonto D.S. prof. Arcangelo Fornelli Progetto “BibliotecAscuola” presso la Biblioteca Comunale “Eustachio Rogadeo” - Bitonto in convenzione con l’Istituto “Luigi Sturzo” di Roma Classe IB AFM a.s. 2015/2016
  • 2. Il progetto “BibliotecAscuola”, promosso dall’Istituto “Luigi Sturzo” di Roma all’interno delle attività del SAC Nord Barese, ha come obiettivo quello di avvicinare i ragazzi in età scolare alla Biblioteca, intesa come centro non solo di conservazione libraria e di studio, ma anche come luogo di aggregazione sociale, confronto, scambio e crescita culturale. Gli argomenti trattati sono stati scelti come approfondimento alle U.D.A. programmate dalla docente di lettere per l’a.s. 2015/2016. Il progetto ha visto il pieno coinvolgimento della classe IB AFM dell’ ITE “ V. Giordano” di Bitonto in una serie di attività legate alla conoscenza del territorio bitontino, all’approfondimento di tematiche storico-letterarie e alla produzione di elaborati personali e originali legati a un percorso di scrittura creativa.
  • 3.
  • 4. Il tutto è stato reso possibile grazie al progetto SAC Nord Barese, finanziato dalla Regione Puglia nell’ambito del Programma Sistemi Ambientali e Culturali, una modalità di gestione integrata del patrimonio ambientale e culturale. Si tratta di un’iniziativa mirata a trasformare il sistema culturale e ambientale del territorio in un volano di sviluppo locale. Un’attenzione particolare nel progetto è riservata all’integrazione dei diversi beni culturali, alla massima fruizione dei patrimoni, alla valorizzazione turistica e all’occupazione giovanile. Grazie al potenziamento dei primitivi ambienti della Biblioteca Comunale, il Salone affrescato, nel quale si sono tenuti gli incontri programmati, è stato trasformato da sala deposito in aula polifunzionale e centro di presentazioni, conferenze e dibattiti.
  • 5. Facciamo un po’ di storia… La Biblioteca Comunale “Eustachio Rogadeo” si trova su via Giandonato Rogadeo (già via Mercanti), parte integrante del duecentesco palazzo della famiglia, proveniente da Ravello. Addossata al palazzo c’è l’antica chiesetta famigliare (1204), intitolata a sant’Anna e sede, dal 1551, del Sedile dei nobili della città. L’ingresso principale della cappella, che dà su via Mercanti, si trova all’interno di un arco che riporta gli stemmi delle 18 famiglie nobili che governavano Bitonto alla metà del XVII secolo.
  • 6. La Biblioteca, che conserva ancora alcune stanze con gli affreschi e gli arredi originali, fu donata al Comune di Bitonto nel 1966 dall’ultimo discendente del casato, il conte Franco VIII (1892 - 1985). Fu intitolata a Eustachio III Rogadeo (1855 - 1920), illustre paleografo e studioso di storia locale.
  • 7. alcuni arredi originali della Sala Rogadeo (studio e divise da parata del conte Franco Rogadeo)
  • 8. La Biblioteca conserva materiale raro e prezioso, tra cui l’Evangelario miniato dell’XI secolo, pergamene e manoscritti antichi, incunaboli e cinquecentine.
  • 9. Tra i reperti conservati in loco, ci siamo soffermati su un’antica moneta peuceta (IV- III sec. a. C.) raffigurante su una faccia il volto di profilo della dea Atena, sull’altra una spiga di grano; la moneta è oltremodo interessante perché riporta in greco antico la scritta BUTONTINWN (traducibile in “gente di Botone”), in riferimento al leggendario fondatore della città.
  • 10. Perché proprio Atena a Bitonto? Basta guardarci attorno: la città è letteralmente sommersa fra gli ulivi, sin dall’antichità considerati alberi sacri alla dea, che li avrebbe creati in occasione di una mitica contesa che l’avrebbe opposta al dio Posidone per il dominio dell’Attica. Molto rappresentata da pittori e scultori con i suoi attributi tipici (come l’elmo, la lancia e lo scudo, l’egida, la Nike e la testa della gorgone), era dea molto venerata perché protettrice delle arti e dispensatrice di saggezza.
  • 11. Il suo animale totem è la civetta, di cui ha assimilato alcune caratteristiche, in particolare gli occhi e la vista. La civetta compare spesso nelle antiche raffigurazioni della divinità (a volte è la stessa divinità che appare con gli elementi caratteristici dell’animale, come gli occhi, le ali e gli artigli). Atena era definita «glaucopide» (traducibile come «dallo sguardo scintillante»), un termine che ha la stessa radice del termine greco usato per indicare la civetta.
  • 12. A Bitonto è attestato sin dall’antichità un culto molto forte per Atena: nell’antica zona acropolare della città, esattamente dove ora sorge la chiesa di san Pietro in Vincoli, c’era un tempio dedicato alla dea, di cui abbiamo testimonianza in alcuni reperti rinvenuti in loco: in particolare, una lastra votiva in cui è menzionata la stessa dea: MINERVAE SACRUM C. MARIUS C NOINU(S) (V) S.
  • 13. Secondo la tradizione, san Pietro, nel suo viaggio per Roma, sarebbe giunto anche a Bitonto (intorno alla metà del I secolo d. C.) e avrebbe sradicato il culto pagano locale, nominando Apollinare primo vescovo della città e ponendo le basi per la costruzione della chiesetta in luogo del tempio della dea. Secondo un’altra leggenda, le colonne del tempio furono riutilizzate nella cripta della Cattedrale cittadina.
  • 14. A ben guardare, Atena è ancora presente in città: i tanti volti grotteschi scolpiti su case e palazzi, dalla chiara funzione apotropaica, rimandano direttamente al capo mozzato di Medusa, che aveva la capacità di pietrificare i nemici della dea e che, in tempi moderni, serve a scacciare malelingue e altri influssi negativi. La bellissima Medusa aveva osato paragonare il suo aspetto a quello di Atena, che l’aveva punita trasformandola in un mostro anguicrinito e dallo sguardo mortifero; fu uccisa dall’eroe greco Perseo, utilizzando il sua scudo come specchio per non guardare direttamente il mostro negli occhi. Fu la stessa Atena a suggerirgli il trucco. L’eroe donò poi il macabro trofeo alla dea, che lo appose sul suo scudo per terrorizzare i suoi nemici.
  • 15. Alcune curiosità… Vi ricordate la moneta da 100 lire? Su una delle sue facce era proprio raffigurata la dea Atena/Minerva, vestita di peplo e coperta dal caratteristico elmo, con la mano destra poggiata su un alberello di ulivo. Pensate poi a due grandi marchi, la Nike e Versace: il primo rimanda direttamente alla dea Nike, che accompagnava Atena nelle sue imprese, favorendone la vittoria; il secondo ha come logo proprio la testa di Medusa, di cui abbiamo parlato.
  • 16. La lettura del V canto dell’Odissea, che celebra l’incontro tra Odisseo e Nausicaa (voluto proprio da Atena), ci ha offerto lo spunto per sviluppare una nostra storia originale, sfruttando i dettami della scrittura creativa. In particolare, abbiamo immaginato di essere anche noi naufraghi, sbarcati in una Bitonto antica: sulla base di alcuni termini forniti in aula (supplico, bellezza, tempeste, pietà, accordo, folle, popolo), abbiamo prodotto diversi racconti di stampo mitologico.
  • 17. “Vi supplico, o mia signora di infinita bellezza, di avere pietà di me e del mio popolo che, nonostante le varie peripezie affrontate durante folli tempeste, è giunto sulle sponde del fiume Tiflis. Confidiamo nella vostra generosità nel volerci ospitare in questa splendida e solare terra degli ulivi. Siamo certi che il nostro popolo vi sarà riconoscente” Cifarelli Arianna Giampalmo Angelica Traetta Gigi Carelli Luigi Ricci Gianluca Spadafino Gaetano
  • 18. “Bellissima creatura, sono naufragato in un paese a me sconosciuto e ho trovato voi, gentilissima e divina, di una meravigliosa bellezza. Vi supplico, abbiate pietà di me accoglietemi nella vostra patria affinché io possa conoscere di quale natura sia il vostro popolo. Accompagnatemi alle rive del fiume Tiflis in modo che io possa purificarmi nelle sue limpide acque e donatemi un ramoscello d’ulivo in modo che io possa ricordare in futuro la vostra clemenza e la vostra benevolenza.” Garofalo Claudio Souii Omar Caputo Onofrio Iuliano Raffaele
  • 19. Dea Atena, la vostra bellezza è fresca come una palma. Il vostro coraggio e la vostra intelligenza mi incantano. Vi supplico di avere pietà di me, di questo naufrago che ha bisogno di aiuto dopo tutte le estenuanti tempeste vissute in questi anni, che mi hanno portato sulle sponde del fiume Tiflis. Con queste mie folli parole vi supplico di annunciare al vostro popolo di un accordo tra la vostra maestà e questo povero uomo e di volermi ospitare nella vostra amata città di Bitonto. Garofalo Valentina De Santis Debora Mundo Angela Allegretti Domenico Vacca Davide
  • 20. “O bella dea Atena, con questa umile preghiera ti supplico di donarmi la tua infinita pietà. Ti chiedo di stringere un accordo fra il popolo bitontino e la tua nobile discendenza , tanto che sia paragonabile all’incredibile potenza sprigionata da una folle tempesta.” Chiapperini Lorenzo Somma Michele Tutino Cristian Villani Antonio Mongiello Alessandro
  • 21. Il nostro percorso è proseguito con un seminario di approfondimento su due generi letterari molto conosciuti, soprattutto da bambini e ragazzi: la favola e la fiaba. Sinonimi solo nel nome (che deriva dal verbo latino «far, faris» = «dire», «raccontare»), si differenziano per diversi aspetti. La favola è un componimento breve e dalla morale ben evidenziata, i cui protagonisti sono animali dal comportamento umano. Uno dei più grandi autori del genere fu il greco Esopo (VI sec. a. C.), le cui fiabe sono diventate talmente famose che le ritroviamo in alcuni detti moderni, come «Al lupo! Al lupo!», «fare come la cicala con la formica» e «la volpe che non arriva all’uva dice che è acerba».
  • 22. Più lunga e articolata, la fiaba si distingue essenzialmente per il ricorso a personaggi fantastici (fate, orchi, gnomi, etc.), per una morale sottintesa e, soprattutto, per il ricorso all’elemento magico, totalmente assente nella favola. Si tratta di un racconto che nasce dal popolo, non prettamente per bambini: erano infatti soprattutto gli adulti a raccontarsi queste storie per vincere la fatica del lavoro e procurarsi occasioni di svago; in particolare, le donne (costrette a rimanere in casa e a curare l’educazione dei figli) diedero vita a numerosi racconti che le videro protagoniste indiscusse.
  • 23. Il mondo delle fiabe è senza spazio né tempo (pensate ai «C’era una volta» di apertura, che non indicano un contesto storico preciso; oppure alle formule come «in un paese molto lontano», in cui manca qualsiasi riferimento geografico), pieno di personaggi inverosimili, che spesso nascono poveri e derelitti per poi diventare, nella classica apoteosi finale, re o principesse. Per questo motivo «romantico», diverse fiabe sono ambientate in età medievale, epoca in cui dominava la monarchia. Il mondo delle fiabe è nettamente diviso in due e la ragione non sta mai al centro (abbiamo parlato infatti di «manicheismo morale»); i motivi sono spesso ricorrenti, così da allungare la storia, renderla più chiara, prolungare la sensazione di mistero e facilitarne il processo di memorizzazione. Il linguaggio è quello del popolo, molto semplice e a volte un po' sgrammaticato, ma ricco di modi di dire e di formule popolari.
  • 24. Abbiamo preso in esame un autore romano di epoca classica, Lucio Apuleio (125 - 170 circa), scrittore, sacerdote, filosofo e mago di scuola platonica, noto per il romanzo «Le metamorfosi (o Asino d'oro)»: si tratta dell’unico romanzo in lingua latina risalente all'epoca romana pervenutoci integralmente. L’opera è diviso in 11 libri.
  • 25. Ci siamo soffermati, nella fattispecie, sulla favola di Amore e Psiche, in cui una fanciulla di straordinaria bellezza suscita l'invidia di Venere, che manda suo figlio Cupido affinché la faccia innamorare dell'uomo più brutto della terra; ma il giovane, vedendola, se ne innamora e la porta con sé in un castello. Psiche non resiste al divieto che le vieta di conoscere la vera identità dell’amato e, istigata dalle sorelle invidiose, spia Amore mentre dorme: il giovane dio, svegliato da una goccia di cera della candela che Psiche teneva in mano, fugge per non far più ritorno. Psiche affronterà numerose e pericolose avventure prima di ritrovare Amore e di diventare, infine, la sua sposa.
  • 26. La favola ha un significato allegorico: Cupido, dio dell'amore e del desiderio, unendosi a Psiche (che in greco significa «anima») le dona l'immortalità. Tuttavia questa, per giungervi, dovrà affrontare quattro durissime prove, tra cui quella di scendere agli Inferi per purificarsi. La storia ha un significato mistico: le prove che la donna dovrà affrontare sono simbolo delle iniziazioni religiose al culto di Iside, di cui Apuleio era sacerdote.
  • 27. Sulla scorta delle informazioni ricevute, abbiamo sviluppato un racconto in cui sono confluiti in «crossover» personaggi di storie diverse, legate alla favola di Amore e Psiche e a quella del lupo e dell’agnello, con innesti ricavati dall’Odissea (il ciclope Polifemo e la dea Atena). Dopo aver abbozzato un canovaccio, decidendo ambientazione, collocazione temporale, personaggi principali, intreccio e morale, abbiamo strutturato una nostra personalissima fiaba, liberi di scegliere se dotarla di un lieto fine oppure di un finale tragico. Questi i prodotti del laboratorio:
  • 28. “C’era una volta un Ciclope che era innamorato di Psiche e un giorno decise di incontrala e parlarle dei sentimenti che provava per lei. Dopo qualche giorno, ingenuamente Psiche decide di rivederlo, portando con sé un agnello che rappresentava per lei una difesa. Psiche, così, arrivò alla grotta del Ciclope e si avvicinò a lui per parlargli; il Ciclope, che in precedenza aveva preparato una trappola, si avvicinò a Psiche e lasciò cadere dall’alto una gabbia da cui lei non poteva più liberarsi. Nel frattempo dalla grotta si udirono le urla di Psiche che tentava invano di liberarsi. Così amore, sentendo le urla, con l’aiuto del lupo si incamminò su un percorso che conduceva alla grotta. Una volta lì, vide Psiche intrappolata nella gabbia e per salvarla mandò il lupo a distrarre il Ciclope; così Amore si diresse verso la gabbia, liberò Psiche e insieme fuggirono felici e contenti”. Garofalo Claudio De Santis Debora Giampalmo Angelica Mundo Angela Vacca Davide Mongiello Alessandro
  • 29. “C’era una volta, in una casa in campagna, una ragazza di nome Psiche. Un giorno, mentre portava il suo agnello a bere l’acqua al fiume, si accorse che più lontano c’era un ciclope di nome Polifemo con il suo lupo. Psiche fece finta di non vederli ma poi si accorse che il lupo stava guardando l’agnello in modo aggressivo e in quel momento capì che il lupo era addestrato ad aggredire gli animali più piccoli. Psiche amava il suo agnello e quindi chiede al ciclope di allontanare il lupo; invece Polifemo, essendo un mostro senza pietà, ordinò al lupo di attaccare l’agnello e quello subito obbedì. Poi Polifemo rapì Psiche e la portò nella sua grotta, dove rimase imprigionata per sempre. La morale di questa favola è che il più forte vince sul più debole”.Somma Michele Allegretti Domenico Caputo Onofrio Souii Omar Villani Antonio
  • 30. “C’era una volta nell’antica città di Bitonto il Dio dell’amore Cupido, che si era perdutamente innamorato, e ricambiato, di Psiche. Un giorno Cupido tornò a casa e non trovò Psiche: disperato, si mise alla sua ricerca. Durante il cammino, un lupo mandato da Polifemo stava per colpirlo alle spalle ma interviene un piccolo agnello che, grazie ai suoi poteri, lo trasformò in una piccola pianta e se la mangiò. Dopo aver vinto contro il lupo, con astuzia Cupido e l’agnello si diressero verso Polifemo nel tentativo di recuperare Psiche. Arrivato nella grotta dove Polifemo teneva prigioniera Psiche, Cupido escogitò un piano: lui distrasse Polifemo e l’agnello portò Psiche al sicuro; così Cupido combatté contro Polifemo e, dopo tanta fatica, riuscì a sconfiggerlo. Così Psiche e Cupido vissero felici e contenti”. Garofalo Valentina Cifarelli Arianna Traetta Gigi Carelli Luigi Spadafino Gaetano Tutino Cristian
  • 31. Infine abbiamo affrontato un genere letterario molto in voga nei secoli, sin dall’antichità: la novella. Si tratta di una narrazione in prosa breve e semplice, più breve di un racconto, nella quale c'è un'unica vicenda semplice e in sé conclusa, colta nei suoi momenti essenziali, i cui personaggi si possono facilmente ritrovare nella vita quotidiana. Essa nasce, non si sa con precisione dove e quando, nel contesto della letteratura orale. Tracce di novella sono presenti nelle letterature dell'antico Egitto e della Mesopotamia (Sumeri, Babilonesi). Celebre la raccolta di novella universalmente conosciuta come “Le mille e una notte”.
  • 32. Alla base della struttura che la novella assumerà, troviamo l'exemplum medievale, una forma semplice di novella a metà strada tra la fiaba e la parabola, inglobato in altri generi, come la vita dei Santi, perché era usato molto spesso dai predicatori con finalità educative e morali, per ricondurre sulla giusta strada coloro che avevano commesso qualche peccato: si veda, per esempio, l’episodio legato alla vita di san Nicola, relativo alla carità fatta alle tre fanciulle povere, da cui si svilupperà l’iconografia delle tre sfere e, successivamente, la figura di Babbo Natale. La novellistica ha, nel Duecento italiano, un esempio nel Novellino, opera in prosa composta da un autore di area toscana nella seconda metà del XIII secolo: comprende aneddoti e brevi narrazioni che avevano valore di insegnamenti ed esortazioni, e perciò erano tanto più efficaci quanto più brevi e calzanti.
  • 33. Nel corso del Trecento, la novella si sviluppa in due generi distinti: il primo, d’ispirazione morale e religiosa, vede l’esempio maggiore nei “Fioretti di San Francesco”, una serie di racconti legati alla vita del santo, tra realtà e agiografia, scritti da un anonimo frate francescano. Il secondo genere è più legato al diletto del pubblico e sviluppa una serie di racconti legati a vicende di carattere quotidiano, molto spesso carichi di contenuti tra il faceto e il licenzioso: parliamo, in particolare, della più famosa raccolta di novelle del periodo, composta e sviluppata dal grande Giovanni Boccaccio (1313 - 1375).
  • 34. Il “Decameron” si compone di cento novelle che un gruppo di dieci giovani fiorentini (tre uomini e sette donne) di nobili natali si raccontano per trascorrere in allegria le giornate nelle campagne fiorentine: erano infatti fuggiti dalla città a causa dalla peste nera che l’aveva colpita nel 1348. All’interno di questa cornice, sapientemente sviluppata da Boccaccio per contestualizzare l’opera, ogni ragazzo racconta agli altri una novella al giorno per dieci giorni (da cui l’etimologia del titolo dell’opera); i temi sono decisi di volta in volta dal Re o dalla Regina della giornata, precedentemente eletti. Solo Dioneo, per la sua giovane età, è esentato dal vincolo ma sarà sempre l’ultimo a recitare.
  • 35. Nel proemio all’opera, Boccaccio spiega di volere dedicare il Decamerone a tutti coloro che soffrono le pene d’amore, così che possano trovarne svago e diletto: in particolare, dedica la sua opera alle donne, in primis perché, costrette in casa a dedicarsi all’educazione della prole, non avevano la possibilità di concedersi gli stessi svaghi maschili; poi, perché avevano più tempo libero per dedicarsi alla lettura delle sue opere. In definitiva, Boccaccio si rivolge alla classe borghese fiorentina, agiata e colta, di cui lui stesso faceva parte. Nella conclusione, Boccaccio afferma che l’intento dell’opera è quello di mostrare ai fiorentini che è possibile rialzarsi da qualunque disgrazia si venga colpiti, seguendo l’esempio dei dieci giovani.
  • 36. Il mondo del “Decamerone” è popolato da una serie di personaggi, dipinti con vivacità e precisione, difficili quindi da dimenticare. Che siano belli o brutti, nobili o poveri, astuti o sciocchi, tutti vivono in bilico tra due forze, una esterna e una interna: la Fortuna e la Natura. La Fortuna è una forza esterna, piomba dall’alto e sconvolge in un attimo ogni situazione, ma l’uomo può rivolgerla a proprio favore utilizzando l’astuzia; la Natura è invece una forza interna a ogni uomo, è il richiamo dei sensi, fortissimo e invincibile, che tuttavia deve essere mediato dalla ragione.
  • 37. Abbiamo analizzato due novelle del “Decamerone”: la tragica e commovente “Lisabetta da Messina”, e la divertente “Chichibio e la gru”; abbiamo inoltre accennato a una novella, la decima della nona giornata, in cui Boccaccio fa esplicito riferimento alla Fiera di San Leone, antichissima e famosa anche ai suoi tempi, che si tiene a tutt’oggi il 6 aprile. Partendo dall’analisi della citazione bitontina nella novella («compar Pietro con uno asino, come usato era, attese a fare il suo mestiere antico, e con donno Gianni insieme n’andò alla fiera di Bitonto»), abbiamo immaginato una vicenda ambientata nella Bitonto dell’epoca, facendo riferimento alla suddetta fiera e sviluppandone contenuti
  • 38. “Il giorno 6 aprile compare Pietro e Don Gianni si dirigono verso la fiera di San Leone per comprare orzo, olio, vino. Arrivati alla fiera lasciano l’asinello incustodito vicino a un albero d’ulivo e intanto vanno a fare i loro acquisti, non trovando le spezie che desideravano e comprando l’indispensabile. Intanto l’asinello ha bisogno di dissetarsi e, non avendo la possibilità di allontanarsi dall’albero d’ulivo, beve da una vecchia fontana trovata lì vicino; tuttavia l’acqua è sporca e piena di germi e dopo un po’ di tempo l’asinello muore. Arrivati vicino all’albero dove avevano lasciato l’animale, i due compari lo trovano morto e, non avendo più il loro mezzo di trasporto, sono costretti a portare i loro acquisti in spalla fino alla casa situata sul fiume Tiflis”. Traetta Gigi Mundo Angela Somma Michele Allegretti Domenico Villani Antonio
  • 39. “Pietro smise di lavorare e andò con Don Gianni e il loro asino alla famosa fiera di Bitonto chiamata “fiera di San Leone”: questa era una delle sei fiere più famose del Sud Italia e loro ogni anno, come di consueto, ci andavano. Arrivati in città, un cavallo impazzito corse verso di loro ed essi cercarono di difendersi con dei bastoni. Tutti risero e loro corsero impauriti in mezzo alla fiera cercando qualcosa per calmare il cavallo; vedendo un telo rosso pensarono di utilizzarlo sventolandolo davanti all’animale, come se fosse un toro. Il cavallo scappò e tutti applaudirono l’impresa”. Giampalmo Angelica Garofolo Valentina Ricci Gianluca Caputo Onofrio Souii Omar Spadafino Gaetano
  • 40. “Pietro terminò il proprio mestiere e, insieme al suo ansino e a Don Gianni si recò alla fiera di Bitonto. Arrivati lì i due cercarono un posto dove lasciare l’asino, poi si trovarono nei pressi di una fontana dove incontrarono una bellissima donna che si accingeva a riempire le casse dell’acqua e aveva bisogno d’aiuto. Pietro si offrì di aiutarla e, appena lei alzò lo sguardo, se ne innamorò a prima vista. Passati dei giorni Pietro decise di confidare il suo amore alla donna, sperando che lei lo ricambiasse… ma non fu così. La donna gli disse che il suo cuore apparteneva a un’altra persona. Il giorno seguente, Don Gianni andò nella stanza dove alloggiava Pietro e lo trovò a terra senza vita, con accanto a lui una lettera in cui il giovane spiegava che la sua morte era dovuta alle sue pene d’amore. Dopo qualche giorno, Don Gianni, ancora disperato, ritornò al suo lavoro, sforzandosi di dimenticare la tragica fine del suo amico”. Cifarelli Arianna Garofalo Claudio Chiapperini Lorenzo De Santis Debora Vacca Davide
  • 41. Gli alunni della IB AFM impegnata nelle attività di scrittura creativa.
  • 42. Gli alunni della IB AFM impegnati nelle attività di scrittura
  • 43.
  • 44.
  • 45.
  • 46. Progetto “BibliotecAscuola” Alunni coinvolti: classe IB AFM – ITE “Vitale Giordano” Bitonto (BA) Docenti coinvolti: prof.ssa Lucrezia AVITTO prof.ssa Rosangela MAGRO Referente SAC Nord Barese e docente dei seminari: dott. ric. Domenico SCHIRALDI